“Coloro che costruiscono i muri finiranno prigionieri dei muri che hanno costruito”. Sono le parole pronunciate da Papa Francesco sul volo che da Rabat l’ha riportato a Roma dopo due giorni in Marocco densi di impegni e di dialogo con esponenti del mondo islamico. Il tema centrale della sua riflessione è ancora una volta è quello delle migrazioni, dei respingimenti e del clima di razzismo che si respira anche in Italia. Pur dichiarando che “io di politica italiana non capisco” il Santo Padre sembra riferirsi anche alla situazione nel nostro paese: “La paura – ha detto, in un’intervista rilasciata al Corriere – è la predica usuale dei populismi e l’inizio delle dittature. Non entra nella mia testa e nel mio cuore tanta crudeltà, vedere affogare persone nel Mediterraneo, non entra, mettiamo un ponte ai porti”.
Ed è proprio un ponte quello che Bergoglio ha voluto costruire durante la sua visita in Marocco: “Ci sono i fiori, i frutti verranno dopo. Ma i fiori sono promettenti. Sono contento, perché in questi due viaggi ho potuto parlare di questo che mi tocca tanto nel cuore, tanto: la pace, l’unità, la fraternità. Con i fratelli musulmani e musulmane abbiamo sigillato questa fraternità nel documento di Abu Dhabi e qui in Marocco tutti abbiamo visto una libertà, una fraternità, un’accoglienza di tutti i fratelli con un rispetto tanto grande”.
Ma è stato il tema delle migrazioni quello principalmente toccato dal Pontefice nella sua conversazione con il Corriere. In particolare Francesco ha rivolto un messaggio a chi alza muri e barriere, come il governo spagnolo che proprio in Marocco ha costruito un sistema di respingimento che utilizza anche lame per respingere i migranti:
“I costruttori di muri diventeranno prigionieri dei muri che fanno, siano di lame tagliate con coltelli o di mattoni. Ho visto un pezzo di quella barriera, il filo spinato con i coltelli. Sono rimasto commosso e poi ho pianto. Ho pianto perché non entra nella mia testa e nel mio cuore tanta crudeltà. Non entra nella mia testa e nel mio cuore vedere affogare persone nel Mediterraneo, non entra, mettiamo un ponte ai porti. Questo non e’ il modo di risolvere il grave problema dell’immigrazione. Io capisco: un governo ha la patata bollente nelle mani, ma deve risolverlo altrimenti. Umanamente. quando ho visto quel filo spinato coi coltelli, sembrava di non poterci credere. Una volta ho avuto la possibilità di vedere un filmato nel carcere dei rifugiati che tornano, che sono mandati indietro (in Libia, ndr.). Carceri non ufficiali, carceri di trafficanti. Fanno soffrire. Le donne e i bambini li vendono, rimangono gli uomini e li torturano. Si vedono filmati da non credere. Ecco, io non lascio entrare. È vero, perché non ho posto, ma ci sono altri Paesi, c’è l’umanità dell’Unione Europea. Deve parlare l’Unione Europea intera. E invece succede che non lascio entrare, o li lascio affogare lì o li mando via sapendo che tanti di loro cadranno nelle mani di questi trafficanti che venderanno le donne e i bambini, uccideranno o tortureranno per fare schiavi gli uomini. Una volta ho parlato con un governante, un uomo che io rispetto, Alexis Tsipras, e parlando di questo e degli accordi di non lasciare entrare, lui mi ha spiegato le difficoltà, ma alla fine mi ha parlato col cuore e ha detto: ‘I diritti umani vengono prima degli accordi’. Questa frase merita il premio Nobel”.
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